Un giovane pachistano "richiedente asilo" si getta sui binari della stazione di Lecce e muore dilaniato. Dramma della disperazione e della malaburocrazia
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Stazione di Lecce, una mattina tra le tante con le fila di disperati provenienti da ogni parte del globo dove vi sono conflitti, carestie e crisi umanitarie. Un ragazzo di meno di quarant'anni dalla pelle olivastra, si sdraia sui binari non appena inizia a prendere la sua corsa il treno dei migranti italiani, quel Lecce - Torino che da decenni porta i nostri connazionali nell'(ex) ricco Nord, e quasi in trans si lascia dilaniare. Una scena orribile e straziante. L'ennesima tragedia della disperazione di un migrante scappato dalla propria terra, dalle persecuzioni cui potrebbe o é stato sottoposto alla ricerca di una speranza in Europa, non in Italia, che come più volte abbiamo ripetuto é rimasta solo terra di transito e ponte verso altre mete migliori, per dimostrare che ciò che una parte della politica xenofoba e populistica agita come spauracchio, non sussiste. Non é possibile invogliare una guerra tra poveri che non dovrebbe esistere perché chi giunge nel Belpaese, non lo fa per restare e sfruttare il nostro sistema assistenziale a danno degli "indigeni", ma per andare a lavorare dove lavoro c'è e per sfuggire da guerre, povertà e fame spesso causate dallo sfruttamento del mondo occidentale.
Si scappa per inseguire un sogno e troppe volte si muore o si decide di farla finita, come l'ultima vittima pachistana quasi certamente esasperata dalle trafile che un richiedente asilo, quasi sempre legittimato a chiederlo, é costretto e che lo costringono - nell'estenuante ed asfissiante attesa di rientrare nei progetti Sprar, il sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati, che gli avrebbe consentito di sopravvivere - a fare nulla per ore, giorni, ed anche mesi senza una dimora ed un pasto quotidiano. Rosi Bove D'Agata, responsabile del settore immigrazione dello “Sportello dei Diritti " e dello Sportello Immigrazione dell'ente "Provincia di Lecce" in un'intervista apparsa su una testata online, ha voluto chiarire cosa sta accadendo: "Sono mesi che combattiamo per far rientrare questi ragazzi nei progetti. Sono impossibilitati a lavorare e disperati, non hanno la possibilità di sopravvivere. E' un miracolo che non sia accaduto prima. In ospedale c'è un altro ragazzo immigrato, mutilato, costantemente piantonato perché ha già manifestato intenti suicidi. E noi cosa facciamo, continuiamo a temporeggiare? Al momento la situazione è ingestibile, passano mesi prima che i richiedenti possano ottenere anche solo il cedolino che attesta la regolarizzazione in corso, che consente l'accesso alle strutture di accoglienza. A questo punto sono intenzionata ad andare fino in fondo per non permettere più che succedano tragedie simili, se è il caso presenterò un esposto in Procura per far capire a chi di dovere che non si può giocare con la vita delle persone.".
Precisiamo e ribadiamo, evidenzia Giovanni D'Agata presidente dello “Sportello dei Diritti”che non é colpa degli uffici locali delle istituzioni come Questura e Prefettura deputate a smaltire l'enorme mole di lavoro e di adempimenti burocratici richiesti dalle difficili procedure in materia, ma delle limitate risorse anche in termine di capitale umano messe a disposizione dall'Italia che sta dimostrando sempre più la scarsa voce che ha nel resto d'Europa e a livello internazionale per affrontare i flussi immigratori massicci cui siamo abituati da tempo.