Piste ciclabili e cordoli pericolosi. I comuni si mettano in regola e risarciscano i danni subiti dai ciclisti
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Non passa giorno che sulle cronache nostrane non compaia una notizia che riporta il ferimento o ancor peggio la morte di cittadini a bordo dei propri velocipedi che pur utilizzando le piste ciclabili realizzate dagli enti locali rimangono vittima delle strade.
La colpa, non va ricercata solo nella condotta di guida spregiudicata degli automobilisti o nelle disattenzioni degli stessi ciclisti ma, sovente, nelle modalità realizzative delle stesse piste ciclabili che in alcuni comuni vengono separate dalle carreggiate a mezzo di cordoli non sempre a norma regolamentare che rappresentano delle “trappole” da evitare per impedire infortuni di ogni genere a seguito di cadute non sempre brusche.
In tali casi, sostiene Giovanni D’Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti”, il ciclista caduto e che ha subito lesioni in conseguenza del cordolo pericoloso può richiedere il risarcimento del danno se l’ostacolo rappresenta un’insidia causa essa stessa dell’evento dannoso. Per tali ragioni, e per evitare aggravi nei confronti della collettività, dati i costi sociali che l’apparato amministrativo dello Stato è costretto a sostenere in conseguenza dei danni cosiddetti da insidia, Giovanni D’Agata invita i comuni e tutti gli enti locali responsabili della custodia delle strade e quindi delle piste ciclabili a mettere in regola e a norma le piste ciclabili sostituendo i cordoli in cemento con equivalenti in
materiale plastico riciclato.