La riforma dei consorzi di bonifica: legge regionale n.1 del 3 febbraio 2017
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Con la Legge Regionale n.1 del 3 febbraio 2017 (“Norme straordinarie in materia di Consorzi di bonifica commissariati"), il Consiglio regionale della Puglia ha disposto da un lato, la soppressione di quattro consorzi di bonifica in precedenza commissariati (Arneo, Stornara e Tara, Terre d'Apulia e Ugento Li Foggi) e dall’altro, la costituzione di un unico ente (che li ha assorbiti) denominato “Consorzio di bonifica Centro-Sud Puglia”.
Ciò posto, al fine di meglio individuare i punti salienti della legge de qua e di comprendere come questa possa incidere sui contenziosi pendenti dinanzi alle Commissioni tributarie, con il presente elaborato, verrà individuata la normativa di riferimento e saranno analizzati gli orientamenti giurisprudenziali che negli ultimi anni si sono susseguiti.
1. Riferimenti normativi
La disciplina generale della materia dei contributi dovuti ai Consorzi di Bonifica è dettata:
- dall’art. 860 c.c. secondo cui <<I proprietari dei beni situati entro il perimetro del comprensorio sono obbligati a contribuire nella spesa necessaria per l’esecuzione, la manutenzione e l’esercizio delle opere in ragione del beneficio che traggono dalla bonifica>>;
- e dal R. D. 13 febbraio 1933, n. 215, recante “Nuove norme per la bonifica integrale” e successive modifiche ed integrazioni.
Alla legislazione nazionale si affianca, però, quella regionale: più specificamente, per quanto riguarda, la Regione Puglia, la disciplina di riferimento è rappresentata:
- dalla Legge Regionale 21 giugno 2011, n. 12 (“Norme straordinarie per i Consorzi di bonifica”);
- dalla Legge Regionale 13 marzo 2012, n. 44 (“Nuove norme in materia di bonifica integrale e di riordino dei consorzi di bonifica”);
- e, da ultimo, dalla Legge Regionale 3 febbraio 2017, n.1.
2. Profili generali
I Consorzi di Bonifica, i cui ambiti territoriali sono definiti con riferimento ai bacini idrografici, garantiscono, con la loro presenza sul territorio, un’efficace funzione di presidio e di tutela territoriale.
Ai sensi del R.D. 13 febbraio 1933 n.215, i Consorzi di Bonifica, sono enti di diritto pubblico, amministrati dagli stessi consorziati, preposti alla realizzazione ed alla manutenzione di opere di bonifica idraulica, di reti di distribuzione irrigua, di risanamento igienico - ambientale, di miglioramento fondiario, di prevenzione del rischio idrogeologico, di sistemazione dei corsi.
Le loro finalità istituzionali sono, quindi:
- la difesa dalle esondazioni per la sicurezza della campagna e della città;
- l'irrigazione e la razionale utilizzazione del bene acqua ad usi plurimi;
- la difesa del suolo nei territori di collina e montagna;
- la vigilanza sul territorio;
- la partecipazione all'azione di pianificazione territoriale.
Come suddetto, l’attività di bonifica del territorio e di manutenzione dello stesso è disciplinata, dal vetusto, e tuttavia vigente, R. D. 13 febbraio 1933, n. 215, recante “Nuove norme per la bonifica integrale”, che stabilisce che sono tenuti alla contribuzione delle opere di competenza, che non siano a totale carico dello Stato, i proprietari degli immobili siti nel comprensorio che traggono beneficio dalla bonifica.
Invero, per l’adempimento dei propri fini istituzionali i Consorzi necessitano di notevoli risorse economiche, cosicché gli stessi, oltre a godere di sussidi statali e regionali, hanno il potere di imporre contributi alle proprietà consorziate.
Tali contributi sono oneri aventi natura reale in quanto gravano sui fondi ricompresi all’interno del comprensorio di bonifica di competenza del singolo Consorzio.
La ripartizione della quota di spesa tra i proprietari dei fondi deve essere fatta in ragione dei benefici specifici e diretti conseguiti dai singoli immobili per effetto delle opere di bonifica realizzate e mantenute in efficienza dal Consorzio.
Ciò emerge, chiaramente, non solo dal sistema di disposizioni normative dettate a livello nazionale dal citato R.D. n.215/1933, ma anche dalle specifiche leggi regionali attuative, che attribuiscono ai Consorzi il potere di imporre contributi esclusivamente in presenza di opere di bonifica effettivamente funzionanti e produttive di benefici specifici e diretti sui fondi ricompresi nel proprio ambito di competenza istituzionale.
Inoltre, al citato Regio Decreto sono sostanzialmente informati gli artt. 857-865 del Codice Civile.
Con l’art. 857 c.c., il legislatore ha stabilito che possono essere dichiarati soggetti a bonifica:
“Per il conseguimento di fini igienici, demografici, economici o di altri fini sociali, i terreni che si trovano in un comprensorio, in cui vi siano laghi, stagni, paludi e terre paludose, ovvero terreni montani dissestati nei riguardi idrogeologici e forestali, o terreni estensivamente coltivati per gravi cause d’ordine fisico o sociale, i quali siano suscettibili di una radicale trasformazione dell’ordinamento produttivo”.
A tale scopo, è prevista la creazione di Consorzi tra i proprietari dei beni situati entro il perimetro del comprensorio per l’esecuzione, la manutenzione e l’esercizio delle opere di bonifica o tra enti locali per la gestione di uno o più servizi e per l’esercizio associato di funzioni.
Tali Consorzi si caratterizzano per essere soggetti autonomi rispetto ai loro partecipanti e, a seconda che esista o meno un piano generale di bonifica, possono distinguersi in Consorzi di bonifica in senso proprio (aventi la natura di persone giuridiche pubbliche) ovvero Consorzi di miglioramento fondiario (aventi la natura di persone giuridiche private, salvo che siano riconducibili ad un interesse nazionale per la vastità del territorio o per l’importanza delle loro funzioni).
Peraltro, ai sensi dell’art. 860 c.c.:
“I proprietari dei beni situati entro il perimetro del comprensorio sono obbligati a contribuire nella spesa necessaria per l’esecuzione, la manutenzione e l’esercizio delle opere in ragione del beneficio che traggono dalla bonifica”.
Ebbene, tale dettato legislativo non lascia dubbi circa il rapporto privatistico che si instaura tra i proprietari associati ed il Consorzio con l’effetto, che la contribuzione agisce soltanto tra le parti volontariamente consociate. Il Consorzio, pertanto, non può autoelevarsi al rango di soggetto con potestà tributaria al pari dello Stato e delle Regioni trasformando la contribuzione consortile in un vero e proprio tributo anche nei confronti di cittadini non consociati né convenzionati. L’imposizione contributiva riconosciuta al Consorzio è, quindi, solo finalizzata al recupero delle spese sostenute per le opere di bonifica secondo piani di intervento e criteri di ripartizione pro-quota.
Vieppiù che il contributo consortile ha natura non sinallagmatica, in quanto non sussiste alcun rapporto contrattuale tra le parti in forza del quale ciascuna possa pretendere dall’altra una prestazione avente carattere di corrispettivo. La natura del contributo è invece para – commutativa. Ciò comporta che, il contributo può essere legittimamente imposto soltanto quando, in forza dell’opera di bonifica, si sia prodotto quel particolare beneficio specifico e diretto, richiesto ex lege, che migliora la qualità ed incrementa il valore del terreno inserito nel comprensorio consortile (Comm. Trib. Prov. Matera n.304/2003).
I Consorzi di bonifica hanno, quindi, il potere di esigere, ai sensi degli artt. 10, 11 e 12 del R.D. n. 215/1933, i contributi consortili dovuti dai proprietari degli immobili siti nel relativo comprensorio attraverso provvedimenti impositivi esecutori cui è attribuita la stessa natura di accertamento tributario. Tale potere impositivo si concretizza attraverso l’emissione di ruoli aventi per oggetto i contributi richiesti ai consorziati secondo le procedure e le modalità di cui al d.p.r. 29 settembre 1973, n. 602. La riscossione ordinariamente prevista dal citato d.p.r. n. 602/1973 mediante iscrizione a ruolo e notifica delle cartelle di pagamento generalmente viene fatta precedere da una fase di riscossione volontaria mediante avvisi di pagamento. Detta procedura permette al contribuente di provvedere al versamento dei soli contributi dovuti, non gravati quindi dai diritti di notifica nel caso di pagamento tramite cartella esattoriale e facilitando, inoltre, le operazioni di sgravio delle eventuali quote contributive che dovessero presentare anomalie. Il Consorzio di bonifica, dunque, oltre ad essere l’esecutore dell’opera di bonifica, è anche l’ente che deve provvedere alla manutenzione ed esercizio delle opere di bonifica.
a. Piano di Bonifica
Il Piano di Bonifica è l'elenco delle opere pubbliche di bonifica che rivestono preminente interesse generale per la sicurezza territoriale e per lo sviluppo economico del comprensorio.
b. Piano di Classifica.
Il Piano di Classifica degli immobili individua i benefici derivanti dalle opere pubbliche di bonifica e stabilisce i parametri per la quantificazione dei medesimi e i conseguenti indici per la determinazione dei contributi.
Il piano di classifica viene approvato dalla Giunta Regionale e pubblicato sul BURP.
c. Piano di Riparto.
Il Piano di Riparto delle spese consortili determina la ripartizione dei contributi a carico della proprietà interessata per l'adempimento dei fini istituzionali dei Consorzi di bonifica ed è effettuato sulla base della spesa prevista nei bilanci preventivi.
d. Contributo di Bonifica.
Il contributo di Bonifica è quel contributo che ricade sui proprietari di beni immobili situati nel perimetro di contribuenza.
I proprietari di beni immobili, agricoli ed extra agricoli, situati nel perimetro di contribuenza, che traggono un beneficio diretto e specifico dalle opere pubbliche di bonifica gestite dal Consorzio, sono obbligati al pagamento dei contributi di bonifica relativi alle spese per la manutenzione, esercizio e gestione delle opere pubbliche di bonifica e delle spese di funzionamento del Consorzio, detratte le somme erogate dalla Regione e/o da altri Enti pubblici per la manutenzione anche straordinaria e l’esercizio delle opere pubbliche di bonifica.
3. Presupposti dell’imposizione consorziale
Secondo la migliore dottrina e un orientamento giurisprudenziale che ormai costituisce ius receptum, i presupposti dell'imposizione contributiva - ossia dell'obbligo di contribuire alle opere eseguite dai consorzi di bonifica e, quindi, dell'assoggettamento al potere impositivo di questi ultimi - sono:
a) la proprietà di un immobile incluso nel perimetro consortile;
b) la presenza di un'utilitas, un vantaggio particolare o un beneficio "speciale" incidente in via diretta sull'immobile, che ne comporti un incremento di valore in rapporto causale con l'esecuzione delle opere di bonifica e con la loro manutenzione.
Questo vantaggio, o beneficio, derivante dalla bonifica — che non è provato dalla pura e semplice inclusione dell'immobile nel perimetro del comprensorio — proprio per la natura corrispettiva del tributo che i consorzi sono autorizzati ad esigere dai proprietari degli immobili siti nel comprensorio, non può essere indiretto o generico, perché altrimenti sarebbe perduta l'inerenza al cespite, ma deve risultare concreto, "effettivo" e accertato con riferimento a ciascun bene. Deve, inoltre, essere valutato anno per anno sulla base dei reali incrementi di valore dell'immobile determinati dalle opere di bonifica e/o dalla loro manutenzione.
Il vantaggio do quo può sì essere anche comune a più immobili o a tutte le proprietà, ma in nessun caso presunto o desumibile in via indiretta per il solo fatto che altri immobili abbiano tratto il beneficio in questione.
4. Orientamenti giurisprudenziali in tema di presupposti di imponibilità del contributo consortile
Assai ricca è la produzione giurisprudenziale in tema di esigibilità dei contributi consortili sotto il profilo dei presupposti di imponibilità del tributo.
È principio ormai pacificamente acquisito, che non sia sufficiente la mera inclusione dell’immobile nel territorio appartenente al Comprensorio, perché si possa presumere il beneficio in favore del contribuente, così come richiesto dagli artt. 860 c.c. e 10 del R.D. 13 febbraio 1933, n. 215. Invero, per potere assoggettare a contribuzione detti beni è, invece, necessario che gli stessi, oltre ad essere ricompresi nel perimetro di contribuenza, abbiano o possano potenzialmente conseguire un beneficio particolare dall’esecuzione delle opere di bonifica (in tal senso Corte Cass. Civ. n. 7511 dell’8 luglio 1993).
Sul punto, maggiori precisazioni ci sono state offerte dalla Corte di Cassazione a Sezioni Unite che, con la sentenza della n. 8960 del 14 ottobre 1996, ha sancito che, ai fini della contribuenza, gli immobili devono conseguire un incremento di valore direttamente riconducibile alle opere di bonifica ed alla loro manutenzione. Il beneficio derivante dalla bonifica non è, infatti, provato dalla pura e semplice inclusione del bene nel comprensorio (pur potendo essere potenziale o futuro), perché non attiene al territorio nel suo complesso, ma al bene specifico di cui si tratta. Il vantaggio può essere generale (e cioè riguardare un insieme rilevante di immobili), ma non può essere generico, in quanto altrimenti si perderebbe l'inerenza al fondo beneficato, la quale è assicurata soltanto dal carattere particolare (anche se ripetuto per una pluralità di fondi) del vantaggio stesso. Pertanto, non rileva il beneficio complessivo che deriva dall'esecuzione di tutte le opere di bonifica, destinate a fine di interesse generale; non rileva il miglioramento complessivo dell'igiene e della salubrità dell'aria; occorre un incremento di valore dell'immobile soggetto a contributo, in rapporto causale con le opere di bonifica (e con la loro manutenzione). In buona sostanza, il beneficio deve essere diretto e specifico, conseguito o conseguibile a causa della bonifica e, pertanto, traducibile in una "qualità" del fondo.
Ciò posto, se da un lato, il beneficio fondiario rappresenta l’elemento costitutivo dell’obbligazione tributaria, dall’altro, costituisce il criterio di riferimento necessario ai fini di una corretta ripartizione del relativo onere economico (in tali termini si è espressa la Corte di Cassazione, sent. 23 marzo 2012, n. 4671).
Sul punto, si sono registrati vari interventi dei giudici di legittimità che analizzeremo più attentamente nel proseguio.
Ma vi è di più.
In materia di consorzi di bonifica, la Suprema Corte si è pronunciata più volte anche in tema di giurisdizione del giudice tributario, stabilendo sul punto importanti principi e nuovi spunti di riflessione.
La Corte di Cassazione a Sezioni Unite con la sentenza n. 8770 depositata il 03 maggio 2016 ha definitivamente chiarito che “I contributi spettanti ai consorzi di bonifica ed imposti ai proprietari per le spese relative all'attività per la quale sono obbligatoriamente costituiti rientrano nella categoria generale dei tributi e le relative controversie, insorte dopo il primo gennaio 2002, sono devolute alla giurisdizione delle Commissioni Tributarie, in applicazione dell'art. 2 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, nel testo modificato dall'art. 12 della legge 28 dicembre 2001, n. 448, il quale ha esteso la giurisdizione tributaria a tutte le controversie aventi ad oggetto tributi di ogni genere e specie (Cass. Sez. Un., 5 febbraio 2013, n. 2598).
Queste Sezioni Unite hanno in particolare chiarito come, a norma dell'art. 2 del d.lgs. n. 546 del 1992, come modificato dall'art. 12 della legge n. 448 del 2001, "sono sottratte alla giurisdizione del giudice tributario le sole controversie attinenti alla fase dell'esecuzione forzata; ne consegue che l'impugnazione degli atti prodromici all'esecuzione, quali la cartella esattoriale o l'avviso di mora (o l'intimazione di pagamento "ex" art. 50 del DPR n. 602 del 1973) è devoluta alla giurisdizione delle Commissioni Tributarie, se autonomamente impugnabili ai sensi dell'art. 19 del medesimo d.lgs." (Cass. Sez. Un. 31 marzo 2008, n. 8279).”
In buona sostanza, alla luce dei suddetti approdi giurisprudenziali, può certamente ritenersi che, nelle ipotesi in esame, la giurisdizione del giudice tributario sia esclusa solo per la fase dell'espropriazione forzata (rispetto alla quale sono atti prodromici, autonomamente impugnabili innanzi al giudice tributario a norma dell'art. 19, D.Lgs. n. 546 del 1992, tanto la cartella esattoriale, quanto l'avviso di mora o intimazione di pagamento ex art. 50, D.P.R. n. 602 del 1973). Invero, i contributi spettanti ai consorzi di bonifica (come quelli per la manutenzione, sistemazione e ricostruzione delle strade vicinati di uso pubblico) ed imposti ai proprietari per le spese relative all'attività per quale sono obbligatoriamente costituiti rientrano, infatti, nella categoria generale dei tributi e le relative controversie, insorte dopo il 1° gennaio 2002, devono essere devolute alla giurisdizione delle commissioni tributarie, in applicazione dell'art. 2 del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, (nel testo modificato dall'art. 12 della legge 28 dicembre 2001, n. 448, che ha esteso la giurisdizione tributaria a tutte le controversie aventi ad oggetto tributi di ogni genere e specie).
5. Risvolti per i contribuenti
Dal quadro normativo delineato e dalla giurisprudenza sopra riportata, è palese che i requisiti di legittimità per l’imposizione consorziale siano costituiti dal fatto:
- che vi sia l’approntamento del piano generale di bonifica;
- che l’immobile ricada nel comprensorio consorziale;
- che vi sia un piano di classifica;
- che gli immobili traggano benefici concreti dall’esecuzione delle opere di bonifica e dalla loro manutenzione, traducibili in un aumento del valore fondiario.
Inoltre, è chiaro che dovranno necessariamente essere osservare le rigide prescrizioni imposte dall’art.7 della Legge n. 212/2000 (Statuto del Contribuente), in particolare la precisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione, delle modalità e del termine entro cui è proponibile l’impugnativa dell’atto innanzi alla Competente Autorità Giudiziaria. In particolare, il disposto dell’art. 7 (Chiarezza e motivazione degli atti) stabilisce che gli atti dell’Amministrazione Finanziaria sono motivati secondo quanto prescritto dall’articolo 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241, concernente la motivazione dei provvedimenti amministrativi, indicando i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell’amministrazione.
Non può dubitarsi, infatti, dell’applicabilità dello Statuto del contribuente anche alla materia di contributi di bonifica, posto che gli stessi hanno natura tributaria e che la loro disciplina non è estranea all’ordinamento tributario, di cui le disposizioni della citata Legge costituiscono principi generali, in attuazione degli artt.3, 23, 53 e 97 Cost. (Cass. sez. trib. sentenza 4/4/2008 n. 8750).
Quindi, tenuto conto dei presupposti del potere impositivo afferente ai contributi di bonifica, già dall’atto impositivo si dovranno evincere ictu oculi i parametri e gli elementi oggettivi di individuazione dei benefici asseritamente tratti dagli immobili interessati alla bonifica, in particolare con la indicazione delle presunte opere di bonifica di cui avrebbero in ipotesi beneficiato gli stessi immobili e dalle quali si è generata la spesa sostenuta. Invero, come incisivamente osservato dalla CTR del Lazio, sez. X, con sentenza n. 57 del 19/4/2005, l’originaria carenza di motivazione dell’atto amministrativo, privo di qualsiasi riferimento della prova delle spese, dei lavori di bonifica svolta e della loro incidenza sull’immobile soggetto al contributo e della ripartizione, non può essere eliminata con documenti successivi alla emanazione dell’atto, che quindi deve considerarsi illegittimo.
Ciò implica, che per poter considerare assolto da parte del Consorzio l’onere della prova circa il vantaggio diretto e specifico conseguito dal contribuente in relazione all’opera di bonifica svolta, occorrerà un’esaustiva motivazione ai sensi dell’art. 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241. Inoltre, dovrà essere indicato quale beneficio concreto è derivato all'immobile del ricorrente e con quale modalità e mediante quali parametri è stato calcolato l'ammontare del contributo.
Conseguentemente, è necessario citare la recente sentenza della Corte di Cassazione, Sezione Tributaria, del 6 febbraio 2015, n. 2241 che ha accolto il ricorso proposto da un contribuente la cui difesa si era incentrata sulla mancata elaborazione, da parte del consorzio, del piano generale di bonifica e sulla mancanza di un beneficio diretto e specifico per i beni di sua proprietà. Il fatto trae origine dal contenzioso instaurato tra un contribuente ed un Consorzio di bonifica. Quest’ultimo aveva notificato al contribuente una cartella di pagamento per il contributo esattoriale dell'anno 2006, in relazione a immobili di proprietà posti all'interno del comprensorio. Il contribuente aveva impugnato la cartella dinanzi alla CTP, eccependo l'illegittimità della pretesa perché il consorzio non aveva elaborato il piano generale di bonifica prescritto dalla legge regionale. Si contestava, così, l'esistenza del beneficio fondiario, diretto e specifico, per i propri beni e, infine, si eccepiva la nullità della cartella per difetto di motivazione in ordine alle eseguite opere di bonifica.
Radicatosi il contraddittorio, la CTP respingeva il ricorso. La sentenza, appellata dal contribuente, veniva confermata dalla CTR osservando che nel caso concreto gli adempimenti, previsti dalla legge regionale, erano risultati soddisfatti e che la cartella era stata motivata legittimamente, mediante il richiamo appunto al piano di classifica, con gli elementi identificativi del tributo e l'elenco degli immobili di proprietà del consorziato.
Contro la sentenza, il contribuente, proponeva ricorso per cassazione, in particolare sostenendo, per quanto qui di interesse, che era mancato nella specie il piano generale di bonifica approvato dalla regione, sicché il fondamento della pretesa tributaria non avrebbe potuto essere riconosciuto in base al rilievo che, dalla documentazione prodotta, gli adempimenti previsti dalla legge regionale erano stati assolti; in difetto di piano generale di bonifica, dunque, nessuna rilevanza poteva attribuirsi al fatto della trasmissione agli organi di controllo del piano di classifica, del perimetro di contribuenza e dei piani annuali di riparto.
Ebbene, la Cassazione ha accolto il ricorso del contribuente e stabilito alcuni interessanti principi in merito alla tassazione dei contributi di bonifica. .
Più specificamente i giudici di legittimità hanno chiarito che:
- qualora l’ente impositore dovesse dimostrare la comprensione dell’immobile nel “perimetro di contribuenza” e la relativa valutazione nell’ambito di “un piano di classifica”, graverà sul contribuente l’onere di provare l’assenza del beneficio;
- tuttavia, ove il proprietario degli immobili contesti il piano di classifica, o con riferimento alla sua legittimità, o con riferimento al suo contenuto, verrà meno la presunzione del beneficio e l’onere della prova tornerà a gravare sul consorzio. Pertanto, in mancanza di “perimetro di contribuenza”, o in caso di mancata valutazione dell'immobile nel “piano di classifica”, graverà sul consorzio l'onere di provare la qualità, in capo al contribuente, di proprietario di immobile sito nel comprensorio e il conseguimento da parte del bene, a causa delle opere eseguite, di concreti benefici, essendo irrilevante il “catasto consortile”, avente mere finalità repertoriali.
Ne consegue, che il Consorzio, la cui cartella di pagamento sia stata impugnata, ha l'onere di produrre in giudizio il "piano di classifica" se intende essere esonerato dal dimostrare concretamente i presupposti del potere impositivo e, in particolare, lo specifico beneficio conseguito dal fondo onerato, risultando, invece, a tal fine insufficiente la mera dimostrazione dell'esistenza del piano medesimo e la sua mancata impugnazione dinanzi al giudice amministrativo (per tutte, Cass. n. 654/12; sez. un. n. 11722/10).
Tale indirizzo, supportato da moltissime altre decisioni, muove dalla constatazione che il presupposto dell'obbligo di contribuzione, costituito (ai sensi dell'art. 860 c.c., e R.D. 13 febbraio 1933, n. 215, art. 10) dal vantaggio diretto e immediato per il fondo, deve ritenersi presunto in ragione della avvenuta approvazione del piano di classifica e della comprensione dell'immobile nel perimetro di intervento consortile (v. ancora Cass. n. 4671/12; n. 17066/10, nonché infine Cass. n. 13176/14). Cosicché, quando la cartella esattoriale sia motivata con riferimento a un piano di classifica approvato dalla competente autorità regionale, nessun onere probatorio aggiuntivo graverà sul Consorzio circa l'esistenza di un vantaggio diretto e specifico derivante agli immobili compresi nel piano dalle opere di bonifica, realizzandosi una presunzione iuris tantum di esistenza del beneficio, superabile dal contribuente mediante la prova contraria.
È opportuno aggiungere che il piano di classifica può certamente evidenziare l'avvenuto compimento di opere non previamente definite dalle linee di intervento della bonifica generale, le quali si siano rese necessarie per la salvaguardia del miglioramento fondiario. E in tal senso il piano di classifica può supplire alla mancata previsione delle medesime opere nel piano generale di bonifica. Tuttavia, in questo caso, è onere del Consorzio fornire la prova, oltre che, ovviamente, della effettività delle opere eseguite, soprattutto del vantaggio diretto e specifico che da tali opere sia derivato per il fondo del consorziato.
Quindi, alla luce di quanto stabilito dalla Corte di Cassazione con la succitata sentenza, il contribuente, qualora contesti la fondatezza nel merito o la legittimità del piano classifica, farà venir meno la presunzione del beneficio ritratto dagli immobili inseriti nel perimetro di contribuenza, con ciò determinando l’inversione dell’onere della prova sul Consorzio che, ai sensi dell’art. 2697 del codice civile, ha poi la necessità di dimostrare la sussistenza in concreto del beneficio.
La contestazione specifica del piano, dinanzi al giudice tributario, serve non per disapplicare un atto presupposto, ma per eliminare la rilevanza della presunzione di esistenza del beneficio, e consentire di procedere, quindi, secondo la normale ripartizione dell'onere della prova, all'accertamento dell'esistenza dei vantaggi fondiari - immediati e diretti - derivanti dalle opere di bonifica per gli immobili di proprietà del consorziato posti all'interno del perimetro di contribuenza. (v. sez. un. n. 26009/08, cui adde Cass. n. 17066/10).
Circa gli oneri probatori, la Corte di Cassazione, si è pronunciata, però, in molteplici occasioni.
È il caso, infatti, di citare la sentenza n.12576/2016 mediante la quale gli Ermellini hanno nuovamente chiarito che:
- l’impugnazione del piano di classifica da parte del consorziato obbliga il consorzio di bonifica a provare la “vantaggiosità” dell’attività consortile secondo la regola generale di cui all'art. 2697 c.c.;
- mentre, laddove non vi sia stata impugnativa del piano di classifica, la presunzione in oggetto (di natura non assoluta, ma juris tantum) deve essere superata con onere della prova a carico del consorziato. Il soggetto consorziato, in questo caso, dovrà fornire la prova del fatto che i propri fondi, inseriti nel comprensorio di intervento, non hanno fruito in concreto di alcun vantaggio specificamente e causalmente riconducibile alle opere di bonifica. “(…) Va considerato che l'attivita' di bonifica idraulica del territorio in oggetto (comprensiva anche della manutenzione e dello sviluppo delle opere infrastrutturali di mantenimento) muove - Legge Regionale Basilicata n. 33 del 2001, ex articolo 9 - dalla previa approvazione da parte della Giunta Regionale di un piano di classifica, individuante i benefici derivanti agli immobili dei consorziati, con l'elaborazione dei relativi indici di quantificazione. La ripartizione dei contributi tra i vari consorziati e' poi fatta oggetto dell'approvazione di un piano di riparto che tiene conto della concreta incidenza delle opere di bonifica in ciascuno dei sub-comprensori nei quali e' suddiviso l'intero territorio affidato al consorzio; ed al cui interno si collocano gli immobili dei singoli consorziati, i quali vengono autonomamente in rilievo sulla base delle caratteristiche fondamentali di ciascuno (ubicazione; superficie; destinazione ecc...). Orbene, su tale premessa, va qui richiamato quanto gia' stabilito da questa corte di legittimita', secondo cui: - l'adozione di tali strumenti, segnatamente del piano di classifica, ingenera una presunzione di vantaggiosita' dell'attivita' di bonifica svolta dal consorzio per i fondi ricompresi nell'area di intervento; - qualora il piano di classifica venga specificamente impugnato dal consorziato, la suddetta vantaggiosita' deve essere provata ad onere del consorzio che la deduca, secondo la regola generale di cui all'articolo 2697 c.c. (…)”.
Sul punto è necessario che venga citata anche la sentenza della Suprema Corte n.18466/2016 con cui i giudici di legittimità sono tornati a ribadire che in favore dei Consorzi opera la presunzione di “un vantaggio diretto in favore dei consorziati per effetto dell’approvazione del piano di classifica”. Pur tuttavia il contribuente può sempre superare tale presunzione fornendo “la prova contraria dell’inesistenza di qualsiasi beneficio”.
Invero, la Suprema Corte, richiamando giurisprudenza consolidata, ha affermato che il consorzio di bonifica è esonerato dalla prova del beneficio fondiario tutte le volte in cui sussista un “piano di classifica”, approvato dalla competente autorità, recante i criteri di riparto della contribuenza degli immobili compresi sia nel perimetro consortile, sia nel comprensorio di bonifica (cfr., tra le altre, sez. 5, n. 21176 del 2014; n. 4671 e 9099 del 2012; tutte nel solco delle pronunce n. 26009, 26010 e 26012 del 2008, nonché n. 11722 del 2010 rese dalle sezioni unite di questa Corte). Non è perciò onere del Consorzio - secondo la Cassazione - fornire la prova “di avere adempiuto a quanto indicato nel piano di classifica”, approvato dall’autorità regionale, dovendo intendersi presunto il vantaggio diretto ed immediato per i fondi del consorziato in ragione della pacifica comprensione degli immobili nel perimetro d’intervento consortile e dell’avvenuta approvazione del piano di classifica. Tuttavia “è fatta salva la prova contraria da parte del contribuente”, da fornirsi mediante dimostrazione di uno specifico fatto positivo contrario, o anche mediante presunzioni “dalle quali possa desumersi il fatto negativo dell’assenza di qualsivoglia beneficio diretto e specifico per i fondi di proprietà del contribuente”.
In effetti, l’elaborazione giurisprudenziale in tema di riparto dell’onere della prova con riguardo ai contributi consortili correlati a opere di bonifica si è attestata nel senso, che in tema di contributi di bonifica, il contribuente, anche qualora non abbia impugnato innanzi al giudice amministrativo gli atti generali presupposti (e cioè il perimetro di contribuenza, il piano di contribuzione ed il bilancio annuale di previsione del consorzio), che riguardano l’individuazione dei potenziali contribuenti e la misura dei relativi obblighi, può contestare, nel giudizio avente ad oggetto la cartella esattoriale dinanzi al giudice tributario, la legittimità della pretesa impositiva dell’ente assumendo che immobili di sua proprietà non traggono alcun beneficio diretto e specifico dall’opera del consorzio. In tal caso, però, quando vi sia un piano di classifica approvato dalla competente autorità, la “prova dell’assenza del predetto beneficio, ricadrà sul contribuente (cfr. Cass. N. 20681/14)”.
6. LEGGE REGIONALE N.1 DEL 3 FEBBRAIO 2017: costituzione del Consorzio “Puglia Centro Sud”.
In conclusione, e coerentemente con quanto già evidenziato in premessa, si rileva che il Consiglio regionale della regione Puglia, con la legge regionale n.1 del 3 febbraio 2017, ha disposto all’art.2 (rubricato “Norme straordinarie sulla debitoria pregressa e la riorganizzazione della gestione corrente”):
- da un lato, la soppressione dei consorzi Arneo, Ugenti li Foggi, Stornare e Tara e Terre d’Apulia (art.2, co.1);
- dall’altro, la nascita di un unico consorzio di bonifica denominato “Consorzio di bonifica centro-sud Puglia” incaricato di assumere le funzioni dei 4 consorzi soppressi (art.2, co.2).
LEGGE REGIONALE 3 FEBBRAIO2017, N.1, ART. 2
“Soppressione Consorzi Arneo, Ugento Li Foggi, Stornara e Tara e Terre d’Apulia”
1. I Consorzi Arneo, Ugento Li Foggi, Stornara e Tara e Terre d’Apulia, sono soppressi e le relative funzioni sono esercitate secondo le disposizioni di seguito indicate.
2. I comprensori di bonifica ricadenti nei perimetri dei consorzi di bonifica commissariati Arneo, Ugento Li Foggi, Stornara e Tara e Terre d’Apulia, così come individuati ai sensi dell’articolo 2 della I.r. 4/2012, sono gestiti da un unico consorzio di bonifica denominato “Consorzio di bonifica centro-sud Puglia” che assume le funzioni dei Consorzi soppressi.
3. Il Consorzio di bonifica centro-sud Puglia ha come limite territoriale a nord la destra idraulica del fiume Ofanto per la parte ricadente nel territorio regionale e ha sede legale in Bari. I nuovi confini a terra sono determinati dagli attuali confini nord territoriali di Stornara e Tara e Terre d’Apulia.
4. Nell’ambito del territorio gestito dal Consorzio centro-sud Puglia sono istituiti quattro ambiti funzionali idraulicamente omogenei, denominati “distretti”, corrispondenti ai comprensori con il compito di individuare le azioni di bonifica idraulica e difesa del suolo e di irrigazione, necessarie ai territori, di provvedere alla gestione delle acque irrigue per i terreni rientranti nell’ambito del distretto e alle funzioni di polizia idraulica secondo quanto previsto nelle relative norme dello statuto.
5. Per l’esercizio delle funzioni attribuite, il Consorzio di bonifica centro-sud Puglia potrà utilizzare i beni strumentali materiali e immateriali di proprietà dei Consorzi soppressi. Definite le esposizioni debitorie dei Consorzi soppressi, detti beni e i residui rapporti giuridici attivi sono trasferiti al Consorzio di bonifica centro-sud Puglia.
6. Il Commissario straordinario unico, coadiuvato da due sub nominati dalla Giunta regionale nell’ambito di un elenco di almeno cinque nominativi proposti dalle organizzazioni professionali agricole del partenariato del Piano di sviluppo rurale (PSR), garantendo le diverse provenienze territoriali, pone in essere tutti gli adempimenti amministrativi e contabili necessari all’avvio del Consorzio di bonifica centro-sud Puglia e alla soppressione di quelli di cui al comma 1. In particolare il Commissario straordinario unico effettua la ricognizione di tutti i rapporti giuridici esistenti e di tutte le posizioni economico-finanziarie e la trasmette entro novanta giorni alla Giunta regionale che, entro sessanta giorni e previa istruttoria del Dipartimento regionale agricoltura, l’approva.
7. Il Consorzio di bonifica centro-sud Puglia inizia a operare a seguito dell’adozione del proprio statuto, dell’approvazione della ricognizione di cui al comma 6, della definizione delle attività di cui all’articolo 5. La Giunta regionale, verificate le condizioni che precedono approva l’operatività del nuovo Consorzio. Da tale momento si producono gli effetti previsti dai commi 2, 3, 4 e 5. Dal medesimo momento e sino alla elezione degli organi ai sensi della I.r. 4/2012, il Commissario straordinario unico di cui alla I.r. 12/2011 e successive modifiche e integrazioni assume per il Consorzio di bonifica centro-Sud Puglia le funzioni già affidategli per i consorzi soppressi. Lo stesso Commissario straordinario unico, senza ulteriori compensi, procede anche a completare le attività necessarie alla soppressione dei Consorzi di cui al comma 1.
Inoltre, con l’art. 3, riguardante la situazione debitoria dei Consorzi di Bonifica soppressi, è stato istituito un fondo della Regione Puglia destinato unicamente al soddisfacimento dei creditori che presentino istanza di definizione della propria posizione. In tali circostanze, la Giunta regionale, sulla base dell’istruttoria compiuta dal Commissario Straordinario Unico, approverà, quindi, le istanze dei creditori e ne assumerà gli oneri nei limiti delle disponibilità annuali.
Relativamente alle controversie esistenti, secondo quanto disposto dall’art.3, co.5, il Commissario straordinario unico dei Consorzi soppressi, sulla base di apposite relazioni scritte sullo stato delle stesse e sul loro probabile esito, redatte dai difensori dei consorzi, formulerà ragionevoli proposte transattive, che la Giunta valuterà se fare proprie dopo aver acquisito il parere dell’Avvocatura regionale.
Per mera completezza espositiva, si rileva, in conclusione, che un altro punto saliente della riforma, oltre all'accorpamento, è rappresentato dal ruolo di Acquedotto pugliese che sarà chiamato ad assumere, tramite convenzione, la direzione tecnica della sezione irrigazione ed acquedotti rurali. Pertanto, la sezione irrigazione ed acquedotti rurali, si avvarrà, senza oneri aggiuntivi a carico del Consorzio Centro Sud Puglia, della direzione tecnica dell'Acquedotto pugliese (AQP) e dell'ausilio della struttura amministrativa dello stesso ente. In tal senso sarà sottoscritta un'apposita convenzione approvata dalla Giunta regionale per consentire il raggiungimento degli obiettivi prefissati.
Il Consorzio di bonifica Centro Sud Puglia assegnerà alla Sezione irrigazione ed acquedotti rurali il contingente necessario di personale. Inoltre, entro il primo dicembre 2018 e analogamente di anno in anno, la Giunta regionale dovrà valutare l'andamento dell'attività della Sezione irrigazione ed acquedotti rurali del Consorzio di bonifica Centro Sud Puglia, verificando il rispetto dei criteri di economicità, di equilibrio finanziario, di efficienza dei servizi resi ai consorziati. Tuttavia, qualora la Giunta regionale, acquisito il parere vincolante della competente Commissione consiliare, dovesse valutare negativamente l'attività espletata, la Sezione irrigazione ed acquedotti rurali cesserà le sue funzioni, che saranno trasferite unitamente al personale dipendente ad Aqp, senza ulteriori provvedimenti legislativi (art. 9, legge regionale n.1/2017)
6.1 La soppressione dei consorzi e le conseguenze processuali
In conclusione, in seguito alle soppressioni disposte dalla legge regionale e alla conseguente istituzione del “Consorzio di bonifica centro-sud puglia” è fondamentale capire se vi saranno ripercussioni processuali nei casi di liti pendenti dinanzi alle Commissioni Tributarie provinciali e regionali.
Sul punto si osserva, che l’art.110 c.p.c., rubricato “Successione nel processo” prevede che “Quando la parte viene meno per morte o per altra causa, il processo è proseguito dal successore universale o in suo confronto”: ciò implica, che nei casi de quibus, il processo proseguirà regolarmente con il nuovo consorzio. Infatti, quando la successione avviene a titolo universale per atto inter vivos, la vicenda successoria non impedisce l’ordinaria prosecuzione del processo tra le parti. La norma, invero, descrive il fenomeno della successione universale, caratterizzato dal trasferimento in capo al successore della totalità dei rapporti trasmissibili del de cuius, tra cui anche la sua posizione processuale eventualmente in atto al momento della morte. Pertanto, il successore avrà nel giudizio gli stessi poteri ed oneri del dante causa e non potrà proporre domande nuove o istanze istruttorie dalle quali il de cuius sia decaduto. La ratio della norma è chiara: da un lato, tende ad evitare che il processo debba continuamente arrestarsi e dall’altro, cerca di salvaguardare la posizione della parte che non ha trasferito il diritto.
Si rileva, però, che con un orientamento ormai cristallizzato, i giudici di legittimità hanno stabilito il principio di diritto secondo cui "La societa' che propone ricorso per cassazione avverso la sentenza di appello emessa nei confronti di un'altra societa', della quale affermi di essere successore (a titolo universale o particolare), e' tenuta a fornire la prova documentale della propria legittimazione, nelle forme previste dall'articolo 372 c.p.c., a meno che il resistente non l'abbia - nel controricorso, e non successivamente, nella memoria ex articolo 378 c.p.c. - esplicitamente o implicitamente riconosciuta, astenendosi dal sollevare qualsiasi eccezione in proposito e difendendosi nel merito dell'impugnazione". (Sent. Cass. n. 4124/2016; cfr. anche Sez. U, Sentenza n. 11650 del 2006; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 16194 del 2005)”.
Orbene non vi è dubbio che dall'affermazione della Cassazione emerga che il dovere del successore di dare prova documentale della dedotta legittimazione sussiste solo nel caso in cui tale qualità sia oggetto di contestazione da parte del resistente (cfr. Cass. nn. 11334/1997; 772/1999; 2292/2000; 7583/2001), perché, diversamente, il fatto che la parte resistente non sollevi alcuna eccezione in ordine alla legittimazione della società ricorrente vale come riconoscimento implicito della dedotta legittimazione attiva.
Si ritiene, pertanto, che alla luce di quanto disposto dalla legge regionale del 3 febbraio 2017, n.1, art.2 e dall’art.110 c.p.c., i processi già in corso dinanzi alle Commissioni tributarie, potranno proseguire regolarmente con il nuovo “Consorzio di bonifica centro-sud puglia”.
Avv. Maurizio Villani
Avv. Federica Attanasi