Ius Soli. Il comune di Lecce condannato a riconoscere la cittadinanza al figlio di immigrata nato in Italia

Manuele è cittadino italiano a tutti gli effetti

Cecile Kyenge

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Nel pieno della discussione sullo Ius Soli arriva un’ordinanza del tribunale civile di Lecce che pochi giorni fa ha riconosciuto la cittadinanza ad un giovane nato in Italia da genitori migranti.
La seconda sezione civile del Tribunale di Lecce, in un provvedimento depositato l&\#39;11 marzo ma reso noto solo pochi giorni fa, ha sancito che “Se gli affidatari del minore non hanno effettuato le dovute richieste, l’interessato non ha, per motivi legati all’età, alcuna responsabilità per fatti od omissioni altrui”. Insomma, è alla luce di questo che, secondo i magistrati pugliesi, hanno il pieno diritto di essere riconosciuti come cittadini italiani tutti coloro che sono nati in Italia e che abbiano soggiornato sul territorio nazionale fino al raggiungimento della maggiore età. Anche se non hanno avuto l’iscrizione all’anagrafe. Anche se sono sprovvisti di titolo di soggiorno sin dalla nascita. Ragionando a posteriori, infatti, se oggi avessero tutti i requisiti per ottenere sia l’una che l’altro, non possono essere penalizzati.
La sentenza in commento è un chiaro esempio che il diritto vive anche dentro testi immobili: coraggiosa e innovativa, ha saputo offrire una lettura nuova di una legge vecchia, restando sempre saldamente ancorata a concetti giuridici incontrovertibili.
A.M., è figlio naturale di A.S., cittadina delle Filippine, e di padre non noto. Al momento del parto (30.1.1993) la madre era irregolarmente soggiornante nel territorio nazionale; ciò non di meno, tre giorni dopo, si recava presso l’ufficio anagrafe del Comune, per registrare la nascita del piccolo.
Dopo appena quaranta giorni dalla nascita, il Giudice Delegato presso il Tribunale dei Minori di Lecce, preso atto della grave situazione di indigenza in cui versava il nucleo familiare (la madre era clandestina e disoccupata ed era stata vieppiù abbandonata dal compagno - padre naturale del minore), il piccolo veniva collocato in via di urgenza presso un istituto minorile; la decisione veniva ratificata dal Collegio Minorile.
Con successivo provvedimento del 16.12.1994, il minore veniva affidato ai coniugi P.–C., che lo accoglievano in famiglia rivolgendogli attenzioni ed amore come se fosse un loro figlio; così come, del resto, essi rappresentavano e rappresentano per l’esponente quei riferimenti genitoriali che la sorte non gli aveva dato dalla nascita.
In questo nuovo contesto, il minore ha frequentato le scuole dell’obbligo, fino al diploma; si è sottoposto alle vaccinazioni obbligatorie; ha avuto il suo permesso di soggiorno, la tessera sanitaria e la carta di identità.
Così, raggiunto finalmente il traguardo dei 18 anni, si presentava presso il Comune per dichiarare la propria volontà di diventare a tutti gli effetti cittadino italiano, avendone da molto tempo acquisito la cultura, la lingua e lo stile di vita.
L’Ufficiale dello Stato Civile del Comune di Lecce rigettava la richiesta <<in quanto al momento della Sua nascita, nessuno dei Suoi genitori era residente sul territorio della Repubblica, requisito essenziale previsto dalla Circolare del Ministero dell’Interno n. 22 del 7 novembre 2007 Prot. K.64.2/13>>.Contro questo provvedimento AM ha promosso ricorso innanzi al Tribunale di Lecce, che lo ha accolto dichiarandolo cittadino italiano.
In attesa di una legge chiarificatrice della materia, secondo Giovanni D’Agata presidente e fondatore dello “Sportello dei Diritti”, l’ordinanza in questione interviene di fatto, per la prima volta in Italia, riconoscendo la cittadinanza italiana a un ragazzo nato da migranti dando così speranza a tanti giovani che sognano di diventare cittadini italiani.
 

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