INTERNATO 159534. Testimonianza di Nicola Santoro militare internato nei campi nazisti.
Deportato a soli diciannove anni insieme con altri militari italiani, offre la preziosa testimonianza della sua dolorosa prigionia attraverso questo libro.
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I.M.I. fu il nome dato dalle autorità tedesche ai soldati italiani catturati, rastrellati e deportati nei territori del Terzo Reich nei giorni immediatamente successivi alla proclamazione dell'Armistizio di Cassibile (8 settembre 1943). Nicola Santoro nel 1843 aveva appena 19 anni e si ritrovò a condividere l'atroce esperienza della prigionia insieme a Fernando Simeoni autore del diario che integra il volume "Internato 159534" testimonianze di Nicola Santoro e Fernando Simeoni, militari internati italiani nei campi nazisti.
Simeoni è scomparso nel 2010 e se fosse ancora vivo condividerebbe la missione che Nicola oggi novantenne dedica al recupero della memoria per testimoniare ai giovani tutta l'atrocità della guerra. "Questo libro che raccoglie le memorie di Nicola Santoro, internato 159534, fornisce un contributo di grande rilievo per la conservazione della memoria delle vicende per troppo tempo dimenticate di questi soldati che lasciati a se stessi dopo l'8 settembre si trovarono ad affrontare da soli la marea montante di una storia che la società avrebbe cercato, subito dopo, di rimuovere. Spiega nella prefazione Loredana Di Cuonzo dirigente scolastica del Liceo Classico "Giuseppe Palmieri" di Lecce, tra gli istituti scolastici che nel corso degli anni Nicola ha voluto visitare, accompagnato dal figlio Edoardo, portando agli studenti del Salento la sua testimonianza di prigioniero nei campi di concentramento tedeschi.
Pagine dolorose della nostra Storia sulle quali è caduto un pesante silenzio. "Delle vicende degli internati militari italiani, infatti, si è tornati a parlare solo poco più di due decenni fa, alla metà degli anni Ottanta. - spiega la stessa Di Cuonzo. Questo silenzio è dovuto anche al fatto che i prigionieri italiani erano stati internati anche dagli alleati in campi di concentramento in molte zone del mondo, questo rallentò molto il loro rimpatrio, ma la motivazione importante di questo silenzio si può ritrovare nelle responsabilità che l'esercito italiano ha avuto riguardo alla tragedia degli I.M.I.: era stato proprio l'esercito ad abbandonarli e per questo si è preferito non pubblicizzarne troppo le vicende dei prigionieri italiani, esaltando invece molto di più l'opera della resistenza armata."
Un libro che vuole rompere il silenzio. Far conoscere le vicende che Nicola, Fernando e tantissimi altri hanno vissuto sulla propria pelle. "Insieme, danno voce alla tenace, coraggiosa, non minore "Resistenza" degli IMI, che in stragrande maggioranza non cedettero alla proposta di continuare la guerra accanto ai nazisti. -si legge nell'introduzione del presidente del consiglio regionale di Puglia Onofrio Introna. Sarebbe stata la salvezza: non più "schiavi di Hitler", via dal filo spinato, dagli appelli al gelo, dal lavoro coatto, dal digiuno la domenica - perché non si lavorava - meglio nutriti, meglio vestiti, niente botte per un pastrano. Nonostante tutto, dissero "NO". Il dato principale della vicenda degli IMI è il massiccio rifiuto di collaborare coi tedeschi e i fascisti. 600mila italiani di ogni Arma, Corpo e grado preferirono affrontare, consapevolmente, quelle condizioni impossibili. A costo di 20 mesi di stenti in Germania, che in 40-50mila pagarono con la vita. Gli italiani non vollero venir meno al giuramento di fedeltà alle Istituzioni, difesero la dignità personale e l'onore delle forze armate italiane. Si opposero alla violenza, tennero idealmente alto il vero Tricolore, preferirono affrontare le sofferenze piuttosto che tornare a combattere a fianco di chi negava i diritti umani e in Russia aveva mostrato ai nostri soldati il volto di massacratori senza pietà di ebrei e slavi. In questo senso gli IMI entrarono a pieno diritto nella Resistenza."
Un volume che Nicola Santoro dedica a tutti coloro che hanno un ruolo nella società e nelle istituzioni, affinché ogni loro decisione sia assunta sempre nel rispetto della vita e della dignità altrui. Nato a Cursi il 22 febbraio 1924, secondo di sette figli, fu arruolato nel 1943 con l'incarico di marconista del Genio Militare presso la caserma di Udine. Fatto prigioniero trascorse due anni circa nel campo di lavoro di Treuenbrietzen. Dopo la sua liberazione, dal 1948 al 1979, lavora presso le Poste Italiane prima come impiegato poi come direttore. Da sempre antifascista ha militato nel partito della Democrazia Cristiana e si è impegnato nel suo paese come amministratore comunale dal 1955 al 1975.
Fernando Simeoni nasce il 12 dicembre 1923 a Civitavecchia dove muore nel 2010. Segnalatore della Marina Militare venne fatto prigioniero nel 1943. Dopo circa due anni di prigionia, al suo rientro in Italia non trovò più i suoi genitori morti durante un bombardamento anglo-americano. Venne assunto in servizio al Comando Generale della Scuola di Guerra di Civitavecchia come coadiuvatore superiore fino al momento del pensionamento.