Inesistenza delle operazioni fatturate: onere della prova ripartito tra Amministrazione finanziaria e contribuente. Il Fisco deve d'imostrare l'inesistenza delle operazioni fatturate, mentre il contribuente la fonte legittima della detrazione o del costo
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Se il Fisco contesta l’indebita detrazione di fatture, in quanto relative ad operazioni ritenute inesistenti, spetta all’Ufficio fornire la prova che l’operazione commerciale, oggetto della fattura, non è mai stata posta in essere, indicando gli elementi anche indiziari sui quali si fonda la contestazione, mentre è onere del contribuente dimostrare concretamente la legittimità della detrazione o del costo altrimenti indeducibili. È questo, in buona sostanza, il principio espresso con tre importanti ordinanze (nn. 13238/17, 13239/17 e 13243/17) pubblicate in data di ieri 25 maggio, dalla Corte di Cassazione, sezione tributaria, che ha rigettato i ricorsi proposti dall’Agenzia delle Entrate avverso una società ed il socio unico della stessa, costituitisi in giudizio con controricorso a mezzo dell’Avv. Maurizio Villani. In particolare, la vicenda ha ad oggetto l’impugnazione di tre avvisi di accertamento con i quali l’Ufficio rideterminava il reddito d’impresa a seguito del disconoscimento ed il conseguente recupero a tassazione di vari costi, ritenendo per lo più le operazioni contestate inesistenti. Nonostante sia in primo che in secondo grado la società ed il socio vedevano riconosciute le proprie ragioni dai giudici di merito, mediante la dimostrazione e la prova documentale dell’effettività delle operazioni e dei costi sostenuti, tuttavia l’Agenzia delle Entrate decideva, comunque, di ricorrere in Cassazione, ritenendo violato l’onere della prova che, nel caso di specie, a suo dire, incombeva al contribuente. Ebbene, i giudici di legittimità hanno ritenuto non fondate le eccezioni dell’Ufficio richiamando il principio, già espresso con sentenza n. 428 del 14/01/2015), secondo cui «In tema di IVA, qualora l’Amministrazione finanziaria contesti al contribuente l’indebita detrazione di fatture, in quanto relative ad operazioni inesistenti, spetta all’Ufficio fornire la prova che l’operazione commerciale, oggetto della fattura, non è mai stata posta in essere, indicando gli elementi anche indiziari sui quali si fonda la contestazione, mentre è onere del contribuente dimostrare la fonte legittima della detrazione o del costo altrimenti indeducibili, non essendo sufficiente, a tal fine, la regolarità formale delle scritture o le evidenze contabili dei pagamenti, in quanto si tratta di dati e circostanze facilmente falsificabili.».
Orbene, nel richiamare tale principio, la Corte ha ritenuto che i giudici di secondo grado avessero fatto corretta applicazione dello stesso, avendo valutato sia le prove indiziarie dell’Agenzia fiscale sia, più specificamente, quelle fornite dalla società contribuente che nel giudizio di merito aveva dato ampia prova dell’esistenza delle operazioni illegittimamente contestate, mediante sia la dimostrazione della regolarità della contabilità sia dei mezzi di pagamento che della certificazione pubblica inerente le opere edili realizzate, nonché delle prestazioni fatturate da alcuni professionisti. Per Giovanni D’Agata presidente dello “Sportello dei Diritti”, le richiamate ordinanze sono importanti perché rilevano come l’Amministrazione finanziaria deve, non solo fornire la prova, se pur indiziariamente, dell’inesistenza delle operazioni contestate, ma deve altresì tenere in debita considerazione la documentazione offerta dal contribuente, pena la condanna al pagamento delle spese legali in cassazione in favore del contribuente, come nel caso di specie, in cui ha insistito nelle infondate contestazioni di presunte operazioni inesistenti.