Fondo patrimoniale: debiti tributari e fisco
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Premessa
Sebbene il fondo patrimoniale sia uno strumento che consente di destinare un patrimonio (che può essere costituito da denaro, da beni mobili o immobili) al soddisfacimento di bisogni esclusivi della famiglia, resta sempre una indubbia garanzia per i beni familiari contro ogni altro imprevisto economico che si possa verificare nel tempo. Vale la pena, dunque, analizzare gli aspetti più importanti di questo istituto soprattutto in virtù del fatto che sull’argomento, negli anni, si è susseguita una normativa abbondante e articolata. Infatti, quel di cui si discute è se con la costituzione del fondo patrimoniale i coniugi possano “proteggere” il loro patrimonio dalle azioni esecutive poste in essere dai creditori per le obbligazioni contratte. La questione che spesso si è posta è quella di stabilire se la disposizione in parola rappresenti un limite all'attività esecutiva e cautelare posta in essere dagli agenti della riscossione ex art. 77, D.P.R. 29.9.1973, n. 602, e/o di pignoramento immobiliare, disciplinato dagli artt. 49 e segg., D.P.R. 602/1973 e dalle disposizioni contenute nel libro III c.p.c. applicabili in quanto non derogate e nei limiti della loro compatibilità.
L’obiettivo del presente elaborato sarà, dunque, quello di ripercorrere l’evoluzione legislativa che ha caratterizzato il tema in oggetto, soprattutto alla luce delle recenti pronunce giurisprudenziali.
1. Riferimenti normativi
Il fondo patrimoniale è stato introdotto con la riforma del diritto di famiglia del 1975 (che ha sostituito il precedente strumento del patrimonio familiare con il quale la titolarità dei beni e, quindi, l'amministrazione, restava in capo al coniuge costituente).
Il predetto istituto, così come disciplinato negli artt. 167-171 c.c., comporta un limite di disponibilità di determinati beni, vincolati a soddisfare esclusivamente i bisogni della famiglia .
Il legislatore ha voluto, infatti, costruire, in un'ottica puramente strumentale, un vero e proprio patrimonio separato di destinazione per soddisfare i bisogni della famiglia e garantirne la sua stabilità economica.
Di fatto, la figura giuridica del fondo patrimoniale viene costituita per difendere i beni familiari dalle eventuali azioni dei creditori nell'ipotesi in cui l'attività imprenditoriale o professionale, svolta da uno dei coniugi, versi in una situazione economica difficile o, addirittura, fallimentare (nel caso dell'imprenditore).
Più specificamente, l’art. 167 c.c. rubricato “Costituzione del fondo patrimoniale” prevede che:
<< Ciascuno o ambedue i coniugi, per atto pubblico, o un terzo, anche per testamento, possono costituire un fondo patrimoniale, destinando determinati beni, immobili o mobili iscritti in pubblici registri, o titoli di credito, a far fronte ai bisogni della famiglia.
La costituzione del fondo patrimoniale per atto tra vivi, effettuata dal terzo, si perfeziona con l'accettazione dei coniugi. L'accettazione può essere fatta con atto pubblico posteriore.
La costituzione può essere fatta anche durante il matrimonio.
I titoli di credito devono essere vincolati rendendoli nominativi con annotazione del vincolo o in altro modo idoneo>>.
Il fondo patrimoniale consiste, dunque, nella individuazione di un vincolo (da parte di uno dei coniugi, di entrambi o di un terzo) in forza del quale determinati beni, immobili o mobili iscritti in pubblici registri, o titoli di credito vengono destinati a far fronte ai bisogni esclusivi della famiglia.
In buona sostanza, la finalità del fondo è quella di destinare i beni in esso inseriti ai bisogni della famiglia. Pertanto, il suo effetto principale è che, per legge, i beni che vi sono compresi (e i loro redditi) non possono essere aggrediti (cioè soggetti a esecuzione forzata) dai creditori sorti dopo la costituzione del fondo per scopi estranei ai bisogni della famiglia. Ciò che rimane in forse è l’efficacia del fondo patrimoniale nei confronti del fisco; per questo motivo con il presente elaborato si cercherà di chiarire se anche i debiti fiscali (se non si tratta di debiti sorti per soddisfare i bisogni della famiglia) debbano fermarsi di fronte ai beni confluiti in un fondo patrimoniale.
Orbene, l’istituto in esame, caratterizzato dalla temporaneità, presuppone l'esistenza del vincolo coniugale con la conseguenza che l'annullamento, lo scioglimento o la cessione degli effetti civili del matrimonio determinano la cessazione del fondo, salvo che vi siano figli minori, perché in questa ultima ipotesi, il fondo avrà vita sino al raggiungimento della maggiore età dell'ultimo figlio (art. 171 c. 2, c.c.).
La proprietà dei beni costituenti il fondo patrimoniale spetta quindi a entrambi i coniugi, salvo che sia diversamente stabilito nell'atto di costituzione anche se:
a) i frutti prodotti possono essere utilizzati solo per i bisogni della famiglia;
b) i titoli di credito devono essere vincolati e resi nominativi con annotazione del vincolo o in altro modo idoneo;
c) l'amministrazione è regolata dalle norme relative alla comunione legale.
Conseguentemente, i redditi derivanti dai beni costituenti il fondo patrimoniale sono imputati, per metà del loro ammontare netto, a ciascun coniuge (art. 4, co.1 lett. b DPR 917/86).
Inoltre, va rilevato che non è possibile alienare, ipotecare, dare in pegno o comunque vincolare beni del fondo patrimoniale se non con il consenso di entrambi i coniugi e, se vi sono figli minori, con l'autorizzazione concessa dal giudice, con provvedimento emesso in camera di consiglio, nei soli casi di necessità o di utilità evidente.
Né il fondo e i suoi frutti possono essere oggetto di azioni esecutive per debiti che il creditore conosceva essere stati contratti per scopi estranei ai bisogni della famiglia.
Va precisato, peraltro, che di fronte agli aspetti salienti di tale istituto relativi alla disciplina dell'amministrazione del fondo patrimoniale, delineata attraverso il richiamo alle norme sulla comunione legale (art. 168 comma 3 c.c.) ed alla disciplina specifica degli atti di alienazione (art. 169 c.c.) è necessario, però, non tralasciare l’ elemento essenziale che lo caratterizza, ossia la finalità a cui i suoi beni ed i suoi frutti devono essere destinati.
Ciò significa, che (diversamente da quanto accade nell'ambito della comunione legale) la gestione dei beni del fondo patrimoniale non può avvenire in maniera arbitraria da parte dei coniugi, poiché, anche nel caso in cui manchino i figli minori, deve sempre essere rispettata la destinazione funzionale dei beni al soddisfacimento dei bisogni della famiglia.
Di conseguenza, qualora si costituisse ipoteca su un bene del fondo per scopi estranei ai bisogni della famiglia o si alienasse un bene del fondo in assenza del presupposto dell'utilità o necessità evidente della famiglia ecc., ne seguirebbe o l’esclusione dall'amministrazione con possibilità, per qualsiasi interessato, di rivolgersi al giudice perché detti norme per l'amministrazione del fondo o l’obbligo di reintegrazione del patrimonio.
Allora, ben si evince che il rispetto di tali limiti consente di rafforzare il concetto del fondo come un patrimonio separato, con vincolo di destinazione e limitazione dei poteri dispositivi dei costituenti in modo da soddisfare i bisogni della famiglia e garantirne la sua stabilità economica.
Diventa, pertanto, una massa patrimoniale unitaria, ma distaccata, in quanto sottoposta ad una disciplina giuridica speciale (in particolare quanto al profilo della responsabilità), rispetto al patrimonio “generale” di un soggetto. Più precisamente, quando si parla di fondo patrimoniale si vuol intendere in particolare un “patrimonio di destinazione” o “patrimonio dedicato” come altri istituti giuridici del codice civile (si pensi al patrimonio ereditario in seguito ad accettazione con il beneficio dell’inventario, i beni oggetto di sostituzione fedecommissaria, l’eredità giacente) laddove si vuol in realtà evidenziare la caratteristica funzionale. Quale che sia la definizione, ciò che li accomuna è la necessaria destinazione dei beni, in esso inseriti, ad uno specifico scopo.
Tant'è che questa distinta massa patrimoniale viene sottratta all'azione esecutiva dei creditori generali e potrà essere aggredita esclusivamente dai “creditori particolari”, cioè da quei creditori le cui ragioni di credito sono strettamente collegate allo scopo medesimo e all'utilizzazione dei beni costituenti il patrimonio dedicato.
In quest’ottica, ne segue, pertanto, una chiara deroga al principio generale della responsabilità patrimoniale sancito dall'art. 2740 c.c., per cui il debitore risponde nell'adempimento della prestazione dovuta con tutti i suoi beni presenti e futuri anche se lo stesso comma 2 dell'articolo de quo precisa che vi possano essere forme di limitazione di responsabilità.
Orbene nell’istituto in esame, proprio in virtù di specifiche disposizioni legislative, i creditori generali potranno far valere le proprie pretese su tutti i beni del debitore esclusi quelli oggetto del patrimonio separato. Quest'ultimi, infatti, saranno protetti da un vincolo di destinazione che li rende necessariamente aggredibili soltanto, come sottolineato, dai creditori che vantino speciali ragioni di credito.
Tale funzione (o meglio destinazione di beni), si evince e al tempo stesso appare cristallizzata nell'art. 170 c.c. laddove si stabilisce che:
<<l'esecuzione sui beni del fondo e sui frutti di essi non può avere luogo per debiti che il creditore conosceva essere stati contratti per scopi estranei ai bisogni della famiglia>>.
In particolare, nell'interpretare la nozione di "bisogni della famiglia", la costante giurisprudenza ha accolto un'interpretazione ampia di essa, tale da contemplare non solo quanto indispensabile alla vita della famiglia, bensì anche le esigenze volte al "pieno mantenimento ed all'armonico sviluppo della famiglia, nonché al potenziamento della sua capacità lavorativa, restando escluse solo le esigenze voluttuarie o caratterizzate da intenti meramente speculativi" (Cass. 7 gennaio 1984, n. 134) .
Per anni, poi, si è discusso se i menzionati bisogni riguardino soltanto quelli alimentari oppure quelli volti ad assicurare un determinato tenore di vita.
E ancora, si è precisato che l’espressione "bisogni della famiglia vada intesa nel senso di comprendere anche le complesse e varie esigenze del nucleo familiare considerato anche sotto il profilo dinamico e teleologico in relazione al futuro incremento del benessere economico della famiglia", risultando escluse "solo le esigenze di natura voluttuaria o caratterizzate da meri interessi speculativi".
Ora, appare opportuno precisare, che perché il vincolo di destinazione per fronteggiare i bisogni della famiglia sia opponibile ai terzi, secondo l'orientamento espresso dalla giurisprudenza di legittimità, (si veda Cass.Sez.Un., 21658/2009) la costituzione del fondo patrimoniale compresa tra le convenzioni matrimoniali, soggetta alle disposizioni dell'art. 162 c.c., impone l'annotazione a margine dell'atto di matrimonio, mentre la trascrizione del vincolo per gli immobili, ai sensi dell'art. 2647 c.c., resta degradata a semplice pubblicità notizia e non sopperisce al difetto di annotazione nei registri dello stato civile. In mancanza di annotazione a margine, pertanto, il fondo in parola non è opponibile ai creditori, con conseguente reviviscenza della garanzia patrimoniale generica di cui all'art. 2740 c.c. Va chiarito, però, che il fondo patrimoniale può essere istituito anche durante il matrimonio e in tal caso ha natura negoziale. Controversa appare invece la tassabilità dell'atto ai fini dell'imposta di registro laddove la circolare 30 novembre 2000, n. 221/E della Agenzia delle Entrate ha precisato che l'imposta di registro è dovuta in misura fissa, se la costituzione del fondo non comporta il trasferimento della titolarità dell'immobile, ma il solo vincolo di destinazione. In tale situazione, infatti, l'atto di disposizione rientra tra gli atti residuali ex art. 11, Tariffa, Parte prima, D.P.R. n. 131/1986. L'importo fisso è previsto anche in presenza di trasferimento della proprietà a titolo gratuito. Invece, se la proprietà è trasferita a titolo oneroso, l'imposta di registro è calcolata su base proporzionale.
2. Dubbi interpretativi e chiarimenti giurisprudenziali.
L’istituto in questione, di recente, è stato sempre più spesso oggetto di peculiari interventi interpretativi da parte dei giudici di legittimità.
Invero, a dissipare i primi dubbi è stata la Suprema Corte con sentenza del 7 luglio 2009 n.15862 con cui è stato, appunto, fornito il criterio identificativo dei crediti il cui soddisfacimento può essere realizzato in via esecutiva sui beni conferiti nel fondo; lo stesso è stato individuato nella relazione esistente tra gli scopi per cui i debiti sono stati contratti ed i bisogni della famiglia, e non già nella natura delle obbligazioni legale o contrattuale, con la conseguenza che l’esecuzione sui beni del fondo o sui frutti di esso può avere luogo qualora la fonte e la ragione del rapporto obbligatorio abbiano inerenza diretta ed immediata con i bisogni della famiglia. (si veda anche CTR Lecce, sentenza 434 del 28 aprile 2016; Cass.31.5.2006 n.12998;1479/2006;5.6.2003 n.8991 e 18.7.2003 n.11230).
Il criterio identificativo dei crediti, dunque, non consisterebbe “nella natura delle obbligazioni”, ma – come rilevato più volte dalla giurisprudenza– nella relazione esistente tra il fatto che le genera e i bisogni familiari. Per la Cassazione, allora, si riterranno contratti per esigenze familiari, sia i debiti tributari per esercizio di attività imprenditoriale tesa a potenziare la capacità lavorativa di uno dei conferenti (3738/15) o per attività d’impresa (23876/15), sia gli oneri condominiali per un bene conferito al fondo (23163/14). Ed ecco, che l'accertamento relativo alla riconducibilità dei debiti alle esigenze della famiglia costituisce un accertamento istituzionale rimesso al giudice di merito (Cass. 11683/01, 12730/07).
Sarebbe, invece, irrilevante, così precisa la Suprema Corte, “qualsiasi indagine riguardo alla anteriorità del credito rispetto alla costituzione del fondo, in quanto l'art. 170 c.c. non limita il divieto di esecuzione forzata ai soli crediti (estranei ai bisogni della famiglia) sorti successivamente alla costituzione del fondo, ma estende la sua efficacia anche ai crediti sorti anteriormente, salva la possibilità per il creditore, ricorrendone i presupposti, di agire in revocatoria ordinaria (Cass. 3251/96, 4933/05)”.
Peraltro, sulla costituzione del fondo patrimoniale rispetto all’insorgenza del debito, si è pronunciata anche la sezione penale della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 9154 del 4 marzo 2016. Preliminarmente occorre chiarire, che l’art. 11, co.1, D.Lgs. n.74/00, rubricato “Sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte” punisce con la reclusione da sei mesi a quattro anni:
<<chiunque, al fine di sottrarsi al pagamento di imposte sui redditi o sul valore aggiunto ovvero di interessi o sanzioni amministrative relativi a dette imposte di ammontare complessivo superiore ad euro cinquantamila, aliena simulatamente o compie altri atti fraudolenti sui propri o su altrui beni idonei a rendere in tutto o in parte inefficace la procedura di riscossione coattiva>>.
In buona sostanza, l’istituzione di un fondo patrimoniale configurerebbe il reato di fraudolenta sottrazione di beni alla procedura di riscossione coattiva (articolo 11, comma 1, Dlgs 74/2000) laddove dovesse mettere in concreto pericolo l’esito favorevole della procedura esattoriale.
Ebbene, gli ermellini, sul punto, hanno ritenuto opportuno chiarire che “Ai fini della integrazione del reato di sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte, la costituzione di un fondo patrimoniale non esonera dalla necessità di dimostrare, sia sotto il profilo dell'attitudine della condotta che della sussistenza del dolo specifico di frode, che la creazione del patrimonio separato sia idonea a pregiudicare l'esecuzione coattiva e strumentale allo scopo di evitare il pagamento del debito tributario; con la conseguenza che il giudice, ove la difesa prospetti l'esistenza di beni non inclusi nel fondo e di un valore tale da costituire adeguata garanzia, deve motivare sul perchè la segregazione patrimoniale rappresenta, nel caso di specie, uno strumento idoneo a rendere più difficoltoso il recupero del credito erariale”.
Il reato, quindi, non si configurerebbe quando il soggetto che ha istituito il fondo patrimoniale sia titolare di un patrimonio, non vincolato nel fondo patrimoniale, di valore sufficiente a soddisfare la pretesa erariale. Spesso, infatti, il fondo patrimoniale viene usato in frode ai creditori e l'esperibilità dell'actio pauliana costituisce un valido rimedio. In proposito, è opportuno precisare che la costituzione del fondo patrimoniale da parte di uno o di entrambi i coniugi, anche qualora non determini un effetto traslativo, si ritiene rientri nella nozione di atti di disposizione contemplata dagli artt. 2901 ss. c.c., in quanto suscettibile di diminuire la garanzia patrimoniale generica.
Pertanto, a tal riguardo, si osserva che laddove l’atto di costituzione del fondo sia anteriore rispetto all’insorgenza del diritto di credito, il creditore, allo scopo di rendere inefficace nei suoi confronti l’atto, dovrà dimostrare oltre alla scientia damni anche l’esistenza del consilium fraudis da parte del debitore, inteso come la consapevolezza dei coniugi di arrecare danno alle ragioni creditorie.
3. Fondo patrimoniale e profili di illegittimità dell’ipoteca: Corte di Cassazione, Sezione TRI civile, sent. n. 5385/13; sent. n. 3600/2016.
Come già rilevato, l’art. 170 c.c. stabilisce che “l'esecuzione sui beni del fondo e sui frutti di essi non può avere luogo per debiti che il creditore conosceva essere stati contratti per scopi estranei ai bisogni della famiglia”, senza nulla specificare in merito alla possibilità di ipotecare il fondo de quo. La questione che spesso si è posta in dottrina e giurisprudenza, è stata quella di stabilire se il fondo patrimoniale rappresenti un limite all'attività esecutiva e cautelare posta in essere dagli agenti della riscossione ed in particolare se i beni facenti parte del fondo patrimoniale possano essere suscettibili di ipoteca e/o di pignoramento immobiliare. Peraltro, il nocciolo duro della questione è stato quello di stabilire se il pagamento delle tasse si possa considerare un obbligo collegato alle esigenze essenziali della famiglia e spesso la risposta è stata positiva: facile comprenderlo in tutti quei casi in cui l’imposta si riferisca, per esempio, a beni come la casa (non vi è dubbio che il tetto sia un bisogno primario del nucleo familiare); intuibile anche se si tratta di imposte sui redditi poiché è con il reddito che si gestisce la vita familiare. Ma se il tributo dipende da attività commerciali o imprenditoriali, il legame con le esigenze familiari si fa più labile. Ed è qui che si è consumato il contrasto giurisprudenziale .
Ebbene, in tempi recenti, diverse pronunce si sono espresse sul punto, in alcuni casi affermando l’applicabilità dell’art. 170 c.c. all’iscrizione ipotecaria per debiti tributari, in altri dichiarandola totalmente inammissibile.
Peraltro, è evidente come tale chiarimento rivesta un ruolo centrale per i contribuenti che abbiano costituito un fondo patrimoniale e che siano alle prese con il rischio che lo stesso possa essere ipotecato.
Più precisamente, uno tra i primi interventi fortemente chiarificatori si è avuto per mezzo della pronuncia della Corte di Cassazione n.3600/2016, con cui sono stati stabiliti i principi giuridici per la tutela del fondo patrimoniale nei confronti del Fisco ed è stato sancito il principio in base al quale l’iscrizione ipotecaria prevista dal D.P.R 29 settembre 1973, n.602, art.77, possa essere considerata un atto dell’espropriazione forzata idonea, quindi, a impedire l’aggressione del fondo e dei sui frutti, così come disposto dall’art. 170 c.c..
Tale orientamento (in linea con quanto già sancito con le sentenze della Cassazione n.5385/2013; n.3738/2015; n. 13622/2010) ha previsto che l’art. 170 cod. civ., nel disciplinare le condizioni di ammissibilità dell’esecuzione sui beni costituiti nel fondo patrimoniale, dettasse una regola applicabile anche all’iscrizione di ipoteca non volontaria. Invero, la Suprema Corte con la sentenza n. 5385/13 ha precisato che: “l'art. 170 cod. civ., nel disciplinare le condizioni di ammissibilità dell'esecuzione sui beni costituiti nel fondo patrimoniale, detta una regola applicabile anche all'iscrizione di ipoteca non volontaria, ivi compresa quella di cui all'art. 77 del d.P.R. 3 marzo 1973, n. 602. Ne consegue che l'esattore può iscrivere ipoteca su beni appartenenti al coniuge o al terzo, conferiti nel fondo, qualora il debito facente capo a costoro sia stato contratto per uno scopo non estraneo ai bisogni familiari, ovvero quando - nell'ipotesi contraria - il titolare del credito, per il quale l'esattore procede alla riscossione, non conosceva l'estraneità ai bisogni della famiglia; viceversa, l'esattore non può iscrivere l'ipoteca - sicchè, ove proceda in tal senso, l'iscrizione è da ritenere illegittima - nel caso in cui il creditore conoscesse tale estraneità”. (Corte di Cassazione, Sezione 3 civile Sentenza 5 marzo 2013, n. 5385).
Con le recenti pronunce la Corte di Cassazione ha, quindi, chiarito che l’ipoteca può essere iscritta su beni conferiti in un fondo patrimoniale, anche per debiti di natura tributaria, ma a condizione che essi siano inerenti ai bisogni della famiglia; diversamente, l'esecuzione (o l’ipoteca) devono considerarsi inammissibili solo nel caso in cui questa derivi da debiti insorti per scopi estranei ai bisogni della famiglia e il creditore sia di ciò consapevole. (n.3600/16 e n.1652/16).
La Corte ha anche precisato che: “ (…)in tema di fondo patrimoniale, il criterio identificativo dei debiti per i quali puo' avere luogo l'esecuzione sui beni del fondo va ricercato non gia' nella natura dell'obbligazione, contrattuale o extracontrattuale, ma nella relazione tra il fatto generatore di essa e i bisogni della famiglia, sicche' anche un debito di natura tributaria sorto per l'esercizio dell'attivita' imprenditoriale potrebbe ritenersi contratto per soddisfare tale finalita' (cfr. Cass. n. 11230/2003, n. 12998/2006, n. 3738/2015). Di conseguenza è necessario individuare i criteri idonei a identificare i debiti per i quali può procedersi a esecuzione sui beni del fondo facendo riferimento alla relazione esistente tra il fatto che ha generato l'obbligazione e i bisogni della famiglia e non, invece, nella natura contrattuale o extracontrattuale dell'obbligazione. Alla luce di tutto ciò i giudici di legittimità hanno quindi chiarito che è ben possibile che anche un debito tributario, che sia sorto in ragione dell'esercizio di un'attività imprenditoriale, sia volto a soddisfare i bisogni della famiglia.
Ma vi è di più. Gli ermellini, in conclusione hanno anche chiarito che l'onere della prova dei presupposti di applicabilità dell'articolo 170 cod. civ., grava sulla parte che intende avvalersi del regime di impignorabilità dei beni costituiti in fondo patrimoniale e che la prova può consistere anche in presunzioni semplici o nel ricorso a criteri logici e di comune esperienza.
4. Fondo patrimoniale e ammissibilità dell’ipoteca
La Cassazione, in maniera del tutto opposta rispetto agli approdi giurisprudenziali appena analizzati, ha spesso, però, cambiato orientamento.
Con la sentenza n.19667/14 i giudici di legittimità hanno, infatti, affermato che: “(…) iscrizione ipotecaria prevista dal D.P.R 29 settembre 1973, n.602, art.77, non può essere considerata un atto dell’espropriazione forzata, dovendosi piuttosto essere considerata un atto riferito ad una procedura alternativa all’esecuzione forzata vera e propria”, facendo venir meno il principio di legittimità, secondo il quale l’ipoteca può essere considerata un “atto preordinato all’esecuzione”. Questo diverso orientamento è stato confermato dalla Cassazione anche nella sentenza n.15354/15 e più recentemente nella sentenza n.10794/16 (che analizzeremo nel prosieguo).
Si registra, quindi, sul punto un orientamento non uniforme, nonostante sull’argomento la Corte di Cassazione si sia pronunciata in moltissime occasioni.
4.1 Corte di Cassazione, Sezione TRI civile Sentenza 15 aprile 2016, n. 7521
Si ricorda peraltro che la questione è stata analizzata anche con la sentenza n.7521/2016, per mezzo della quale, aggiungendo un nuovo tassello, è stata ritenuta legittima l’ipoteca sui beni facenti parte di un fondo patrimoniale solo nelle ipotesi in cui il debito tributario:
- Sia strumentale ai bisogni della famiglia;
- O se il titolare del credito non ne conosceva l’estraneità ai bisogni della famiglia.
4.2 Corte di Cassazione, Sezione TRI civile Sentenza 25 maggio 2016, n. 10794
Orbene, alla luce di quanto suddetto, è fondamentale rilevare, che a soli pochi mesi di distanza dalla pronuncia n.3600/2016, la Suprema Corte di Cassazione si è espressa in maniera diametralmente opposta.
Con la sentenza 25 maggio 2016, n. 10794, i giudici di legittimità sono tornati a pronunciarsi in materia di iscrizione ipotecaria e fondo patrimoniale, ammettendo la possibilità per l’ente concessionario di procedere all’iscrizione ipotecaria sull’immobile del contribuente costituito nel fondo patrimoniale, seppur in aperto contrasto con la recentissima sentenza n.3600/2016.
Secondo gli ermellini, l’iscrizione ipotecaria prevista dall’articolo 77 del Dpr 602/1973 dovrebbe considerarsi un atto riferito ad una procedura alternativa all’esecuzione forzata vera e propria e non un atto dell’espropriazione forzata.
In particolare, la Suprema Corte ha accolto il ricorso proposto da Equitalia avverso la sentenza della CTR Toscana che - adeguandosi al decisum di primo grado – nel ritenere legittime le doglianze del contribuente in merito alla impignorabilità dei beni in quanto conferiti nel fondo patrimoniale, ai sensi dell’art. 170 c.c., aveva ordinato la cancellazione dell’iscrizione ipotecaria eseguita, ai sensi dell’art. 77 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602.
Nello specifico, i giudici di secondo grado avevano avuto modo di sottolineare che "alla luce della normativa in essere, i beni compresi in un fondo patrimoniale non possono essere oggetto di pignoramenti o altri gravami".
Orbene, nel ricorso per Cassazione l’Ente concessionario ha eccepito quale unico motivo la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 77 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, in relazione all’art. 360, comma primo, n. 3 c.p.c., rilevando innanzitutto come l’art. 170 c.c. (che, come noto, testualmente prevede “L'esecuzione sui beni del fondo e sui frutti di essi non può avere luogo per debiti che il creditore conosceva essere stati contratti per scopi estranei ai bisogni della famiglia”) fa riferimento esclusivamente alle procedure esecutive e non anche all’avvio di misure cautelari, quale deve essere considerata l’iscrizione in parola, che è da ritenersi solo propedeutica ad una eventuale, non ancora certa, fase esecutiva.
Inoltre, Equitalia ha altresì avuto modo di rilevare come:
• da una parte, il concetto "bisogni della famiglia" richiamato dall’art. 170 cit., secondo l’orientamento giurisprudenziale, è da intendersi estensivamente, con la conseguenza che il limite di impignorabilità da esso previsto non può essere opposto ai crediti di natura tributaria;
• dall’altra, la norma in questione, sempre secondo l’interpretazione della giurisprudenza, pone a carico del debitore l’onere di provare che il creditore era a conoscenza della estraneità del debito ai bisogni della famiglia (prova che, nel caso di specie, non era stata fornita dal contribuente).
Senonché, a seguito di tali motivazioni, i giudici di legittimità hanno accolto il primo dei profili evidenziati dalla ricorrente e ritenuto legittima l’iscrizione ipotecaria per debiti tributari da parte di Equitalia sugli immobili conferiti in fondo patrimoniale dal contribuente.
È stato affermato come - nonostante a conoscenza di altri recenti precedenti della Corte (Sez. 3, n. 1652 del 29/01/2016; Sez. 5, n. 3600 del 24/02/2016; Sez. 6-5, Ord. n. 23876 del 23/11/2015) che hanno ritenuto applicabile l’art. 170 c.c. anche all’iscrizione ipotecaria ex art. 77 del D.P.R. n. 602/1973 – l’ipoteca ex art. 77 D.P.R. n. 602/1973 non abbia natura di atto funzionale all’esecuzione forzata, con la conseguenza che non è possibile classificare l’iscrizione de qua quale "atto di esecuzione". Più precisamente, la Corte ha ribadito: “(…) l’impossibilità del fatto che l’iscrizione dell’ipoteca possa essere considerata un atto dell’esecuzione forzata” e, sulla base di tale principio “[…] viene meno l’applicabilità dell’art. 170 c.c. non sembrando superabile il dato testuale sopra già evidenziato, tanto più ove si consideri che, ponendo la norma una eccezione alla regola della responsabilità patrimoniale ex art. 2740 c.c., la stessa è da ritenersi soggetta a interpretazione tassativa”.
Ne consegue, pertanto, che l’iscrizione ipotecaria prevista dall’art. 77 d.P.R. n.602/73 debba essere considerata un atto alternativo all’espropriazione forzata e quindi non suscettibile di applicazione es art. 170 c.c..
E tanto sulla base della pronuncia delle Sezioni Unite n. 19667 del 18/09/2014, con la quale si è escluso che l’iscrizione ipotecaria ex art. 77 D.P.R. cit. possa essere considerata un atto dell’espropriazione forzata, dovendo piuttosto la stessa essere considerata "un atto riferito ad una procedura alternativa all’esecuzione forzata vera e propria".
In definitiva, con la pronuncia in commento, la Suprema Corte ha sostenuto una tesi diametralmente opposta rispetto alla sentenza n.3600/2016, rilevando che il suddetto orientamento non possa più essere condiviso, soprattutto alla luce della sentenza n. 19667/2014 delle Sezioni Unite, che ha escluso che l’iscrizione ipotecaria ex art. 77 d.P.R. cit. possa essere considerata un atto dell’espropriazione forzata: essa dovrebbe infatti essere ritenuta “un atto riferito ad una procedura alternativa all’esecuzione forzata vera e propria“.
4.3 Corte di Cassazione, Sezione TRI civile Sentenza 9 novembre 2016, n. 22761
In chiusura, e alla luce dell’analisi appena condotta sugli approdi giurisprudenziali, non può non citarsi la recente sentenza 9 novembre 2016, n. 22761 con cui la Suprema Corte è tornata a pronunciarsi sul tema relativo alla validità dell’ipoteca iscritta su beni costituenti fondo patrimoniale per la famiglia.
Ebbene, la Corte ha ritenuto ammissibile l'iscrizione ipotecaria anche sui beni facenti parte di un fondo patrimoniale alle condizioni indicate dall'art. 170 c.c., sicché è legittima solo se l'obbligazione tributaria sia strumentale ai bisogni della famiglia.
L’iscrizione di ipoteca ai sensi dell’art. 77 del D.P.R. n. 602/1973, in tema di riscossione coattiva delle imposte sarebbe, quindi, ammissibile anche sui beni facenti parte di un fondo patrimoniale per la famiglia, purché l’obbligazione tributaria non assolta sia strumentale ai bisogni familiari.
Sul punto, la Corte, riprendendo i principi enunciati nelle precedenti pronunce (Cass. n. 23876/2015) ha statuito che: << in tema di riscossione coattiva delle imposte, l’iscrizione ipotecaria di cui D.P.R. 602 del 1973, ex articolo 77, è ammissibile anche sui beni facenti parte di un fondo patrimoniale alle condizioni indicate dall’articolo 170 cod. civ., sicché è legittima solo se l’obbligazione tributaria sia strumentale ai bisogni della famiglia o se il titolare del credito non ne conosceva l’estraneità ai bisogni della famiglia, circostanze che non possono ritenersi dimostrate, né escluse, per il solo fatto dell’insorgenza del debito nell’esercizio dell’impresa”.
In conseguenza di ciò, il debitore dovrà necessariamente dimostrare non solo la regolare costituzione del fondo patrimoniale e la sua opponibilità al creditore procedente, ma anche che il debito riscontrato nei confronti di tale soggetto sia stato contratto per scopi estranei ai bisogni della famiglia. L’onere della prova dei presupposti di applicabilità dell’articolo 170 c.c., graverà, quindi, su chi intenderà avvalersi del regime di impignorabilità dei beni costituiti in fondo patrimoniale.
Secondo la Corte, due sono, infatti, gli elementi fondamentali per considerare legittima l’iscrizione di ipoteca sui beni del fondo istituito per la famiglia ai fini della riscossione del debito:
- la regolare costituzione del fondo;
- e l’insorgenza del debito per soddisfare le necessità della famiglia, compresi anche quei bisogni ritenuti tali dai coniugi in ragione dell’indirizzo della vita familiare e del relativo tenore, “da intendersi non in senso meramente oggettivo ma come comprensivi anche dei bisogni ritenute dai coniugi in ragione dell’indirizzo della vita familiare e del tenore prescelto, in conseguenza delle possibilità economiche familiari”.
Ciò posto, i beni costituenti fondo patrimoniale non possono essere sottratti all'azione esecutiva dei creditori quando lo scopo perseguito nell'obbligazione sia quello di soddisfare i bisogni della famiglia, da intendersi non in senso oggettivo, ma come comprensivi anche dei bisogni ritenuti tali dai coniugi in ragione dell'indirizzo della vita familiare e del tenore prescelto, in conseguenza delle possibilità economiche familiari.
Ciò rilevato, alla luce di siffatta interpretazione e in considerazione del contrasto di giudicati, attualmente esistente, si ritiene quanto mai necessario un intervento in materia delle Sezioni Unite, che possa chiarire definitivamente e dare una corretta interpretazione circa l’applicabilità o meno dell’iscrizione ipotecaria sui beni del fondo patrimoniale nell’ipotesi di debiti tributari, anche e soprattutto in considerazione delle importanti ripercussioni che tale interpretazione potrà avere nei confronti del contribuente e del suo patrimonio.
Avv. Maurizio Villani
Avv. Federica Attanasi